Sexting al posto del sesso, reel diventati pretesti per far nascere le conversazioni tra amici e parenti, le videochiamate progressivamente si stanno integrando nella relazione quotidiana tra le persone sia nella sfera professionale, sia in quella personale e, dulcis in fundo, persino i baci adesso possono essere mandati, sentiti e assaporati virtualmente. Come? Si chiama
MUA ed è un app partorita durante il lockdown per permettere agli innamorati di colmare la mancanza e il calore del proprio amante attraverso la registrazione del suono e del movimento del proprio bacio su un supporto in silicone che riproduce l’anatomia delle labbra umane. Ma come funziona più precisamente? Guarda qui
Al di là delle implicazioni che questa innovazione può comportare a livello sociale, davvero ci sentiamo appagati da questi diversivi alle relazioni reali fatte di odori, sapori ed emozioni? Come è possibile innamorarsi o, semplicemente, coltivare un’amicizia o nutrire un rapporto attraverso delle condivisioni virtuali?
Recentemente mi sono domandata quanto le mie amicizie più distanti si siano rafforzate o meno negli ultimi anni e posso confermare che quelle con cui ho condiviso viaggi ed esperienze di qualsiasi tipo, stiano r-esistendo alla distanza e alla carenza emotiva conseguente ad essa.
Vi ricordate quando i social non erano così invasivi nelle nostre vite, quando l’attesa per uscire con i nostri amici durava giorni e settimane? Noi millenials ricordiamo bene cosa significhi attendere il fine settimana per vedere il nostro fidanzato, gli amici, raccontarsi anche davanti un gelato senza aspettarsi grandi cose. Un sms aveva un valore diverso, persino lo squillo ci faceva sentire importanti. Oggi, invece, neanche chiamiamo i nostri cari, anzi, nutriamo un’ansia “da telefonata” che ci spinge a comunicare solo attraverso la messaggistica… e non solo.
La condivisione dei reel, ad esempio, si sta convertendo nello strumento primario attraverso il quale avviene la comunicazione con i nostri amici: inoltriamo un video che rappresenta un tratto comune tra il mittente e il destinatario, cui segue una risposta sotto forma di gif, emoticon o stick. Siamo diventati esemplari e rappresentanti di una comunicazione silenziosa, dove le risate sono fragorose in proporzione alla velocità con cui le digitiamo, e le nostre emozioni trapelano a seconda del tipo di emoticons che inviamo.
Davvero questo tipo di comunicazione, questa nuova sfumatura delle relazioni ci soddisfa e ci rende attivamente emozionabili?
Da uno studio condotto da Tinder nel 2020 e pubblicato nel 2021 che ha coinvolto migliaia di utenti localizzati in diverse parti del mondo, è emerso che la maggior parte di essi apprezzi maggiormente l’approccio virtuale, come abitudine assunta durante il lockdown, in quanto meno sottoposto a pressioni, a tal punto che il 40% di essi dichiara di prediligere le video chat agli incontri reali anche a seguito del ritorno alla normalità.
A questo proposito, lo psicologo e psicoterapeuta Francesco Scaccia, operante presso lo studio “Heimat” di Roma afferma, in un’intervista, che
“Da un punto di vista più prettamente psicologico, l’ambiente virtuale generalmente offre un ambiente considerato come “protettivo” poiché permette di esporsi meno, celare più facilmente quelli che si considerano i propri difetti e mettere in rilievo le parti che ci piacciono maggiormente. A questo si aggiunge la possibilità di sperimentarsi nelle relazioni interpersonali con persone che non appartengono alla propria cerchia sociale con il vantaggio di non correre il rischio di essere giudicati o esclusi. Questo sperimentarsi può anche portare alla ricerca di parti di sé inaccettabili o semplicemente desiderate.”
L’indagine condotta da Tinder, inoltre, evidenzia quanto le persone, dopo mesi di astinenza fisica, diano maggior significato a piccoli gesti affettuosi tanto da ricercarli nei potenziali partner e, nelle situazioni più estreme, a metodi di fisicità alternativi come il sexting (letteralmente fare sesso attraverso messaggistica) con i quali soddisfano l’imminente desiderio sessuale.
Davvero la tecnologia ridisegnerà un nuovo modo di tessere reti relazionali integrandosi nella socialità tra le persone? Tecnologia e umanità, termini antitetici dal punto di vista del significato e del significante ma sempre più sinergici, hanno rafforzato la loro convivenza durante il lockdown, tanto da rendere il ritorno alla socialità post pandemia confuso e disorientante da un punto di vista emotivo. Ci siamo allontanati non solo fisicamente portandoci, automaticamente, a riflettere sul concetto di normalità emotiva e fisica, stabilendo nuovi confini e nuove regole in cui, indubbiamente, la tecnologia gioca un ruolo centrale da vera protagonista da cui dipende il nostro agire e il nostro modo di pensare. Per riprendere le parole del Dott. Scaccia
“il mondo delle relazioni e delle interazioni sociali si sta modificando e ampliando, ma è bene sottolineare come sia importante far integrare i due aspetti, sia il reale che il virtuale, affinché non ci si cristalizzi in posizioni rigide”.
A questa analisi aggiungerei anche un altro aspetto significativo ovvero che, in una società governata dalla frenesia, vivere le relazioni virtualmente è un aiuto importante per conciliare impegni e vita privata, non rendendoci conto, però, l’impatto che ha sulla nostra socialità e sulla nostra concezione delle diverse relazioni, togliendo tempo a un tipo di convivialità autentico.
Lo stesso che Renoir rappresenta nella sua opera “La colazione dei canottieri a Bougival” del 1881. Nella tela i protagonisti sono uomini e donne raffigurati durante un momento di condivisione che trapela serenità e gioia allo stesso tempo, le stesse emozioni che proviamo quando stiamo in compagnia dei nostri amici. Un elemento che salta all’attenzione, alla mia attenzione, è la donna posta al centro dell’opera, che cerca quasi con insistenza lo sguardo del canottiere biondo, la ricerca di un incontro in un pomeriggio caldo di primavera, preludio di un sorriso, di una parola, di un bacio. Reale.
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