Più Italia, meno Europa.
E’ questo lo slogan che Matteo Salvini ha utilizzato per concorrere alle elezioni europee dell’ 8 e 9 giugno. La campagna elettorale è stata corredata dall’ utilizzo di immagini generate da IA in cui sono stati raffigurati surreali scenari “woke” che hanno per protagonisti uomini barbuti e incinti e musulmani che si dilettano a bruciare la Divina Commedia. La campagna, oltre a rappresentare evidentemente lo specchio della crisi politica e sociale nella quale da anni versa ormai l’Italia, è indice di quanto siano forti le spinte antieuropeiste all’interno del nostro Paese.
Il leader leghista, ben consapevole di questo e di come una comunicazione mediatica improntata alla provocazione e al sensazionalismo possa giocare a suo favore, cerca di sfruttare la forza propulsiva di queste spinte per aggiudicarsi la vittoria. Durante le precedenti elezioni europee del 2019 la lega di Matteo Salvini riportò una schiacciante vittoria del 34%.
Questa volta il consenso, stando ai sondaggi, potrebbe essere nettamente inferiore, ma Salvini, non si dà per vinto e scende in campo in una veste sempre più sfrontata e antieuropeista, accompagnato da Roberto Vannacci il cui curriculum, credo, possa parlare da solo. Licenziato dal ministro della Difesa dalla carica di capo dell’istituto geografico militare lo scorso agosto a seguito dell’uscita di un libro, auto-pubblicato, ritenuto offensivo nei confronti delle donne, delle minoranze, dei gay e degli immigrati. Indagato dalla Procura di Roma per presunto incitamento all’odio razziale. Fautore di una proposta secondo cui I bambini disabili dovrebbero ricevere un’istruzione separata all’interno delle scuole. Direi che possiamo fermarci qui, ma vi assicuro che la lista potrebbe andare avanti.
Finora la campagna elettorale di Salvini e Vannacci si è fondata sostanzialmente sulla creazione di puerili polveroni mediatici intorno a questioni del tutto marginali. Una tendenza, quella ad estremizzare ed ingigantire questioni irrilevanti per suscitare indignazione e mobilitare il consenso, che ormai da qualche anno domina la politica italiana, e non solo. Basti pensare all’accesa querelle che ha visto protagonisti a maggio, Salvini e il candidato centrista Carlo Calenda circa il regolamento UE che impone a tutte le bottiglie di plastica di avere il tappo attaccato alla bottiglia, per avere un’idea concreta di quelle che sono le importanti priorità del programma politico del leader leghista. L’odio verso l’Europa sarà così forte da sostenere l’assurda campagna elettorale di questi due enfant terrible?
L’Italia, l’Europa e i danni del Berlusconismo
A giudicare dai forti sentimenti antieuropei che oggi dominano una gran parte dell’opinione pubblica, sembra quasi impensabile che nel 1989 ben l’88% degli aventi diritto al voto si dichiarò a favore di un mandato costituente al Parlamento Europeo. Eppure andò proprio così. Alla fine degli anni 80, in un clima di “febbre costituzionale” che, secondo Francesca Piazza, consigliera parlamentare italiana e responsabile della Commissione Affari esteri e comunitari presso la Camera dei deputati, ricordava l’esperienza italiana del dopoguerra e antifascista, ha avuto origine l’europeismo italiano.
“Europeismo che, per gli italiani, equivaleva ad Antifascismo” afferma Piazza.
L’entusiasmo nei confronti dell’Europa iniziò a calare progressivamente a partire dalla metà degli anni 90, quando il sistema di governo cambiò e venne sostituito dalla cosiddetta ‘2a Repubblica’, dominata dalla figura di Silvio Berlusconi. Fu durante il governo Berlusconi che iniziarono a serpeggiare I primi sentimenti antieuropeisti. Non a caso, è bene ricordare che lo slogan “Più Italia, meno Europa” (per la precisione lo slogan all’epoca recitava “Meno Europa in Italia, più Italia in Europa”) non è un’invenzione leghista, ma fu utilizzato per la prima volta da Forza Italia per le elezioni europee del 2014.
Ad oggi, stando all’ultimo eurobarometro, l’Italia si conferma fra I paesi più euroscettici d’Europa. I motivi? Molti italiani non vedono di buon occhio la troppa burocrazia, le politiche sull’immigrazione e l’austerity, e ritengono che, in generale, l’Europa sia colpevole di imporre leggi coercitive e castranti per la nostra economia.
Sul piano sociale (quello che ha costituito il maggior terreno di scontro in questa campagna elettorale) invece, ciò che non va giù a gran parte degli italiani e alle destre, sono quei valori di inclusività e di tolleranza religiosa e culturale che l’Europa, a detta di molti, vorrebbe imporci nostro malgrado. Valori che vanno a cozzare contro quello zoccolo duro di italiani che reclama la propria aderenza ai principi della tradizione. Una tradizione che non si esplicita solo nel nostro diritto ad essere eterosessuali e cattolici, ma anche un po’ razzisti e omofobi, perché no? L’italiano medio rivendica a gran voce la libertà di essere la versione retrograda e peggiore di sé stesso, ma soprattutto quella di rifiutare le regole che gli vengono imposte. Una libertà che, ancora una volta, trova la sua massima espressione in quello che è stato il vero antesignano della spacconeria e del populismo in Europa. Sto parlando di Silvio Berlusconi che, nonostante non sia più in vita, ha lasciato al nostro Paese un’ingombrante eredità. Non mi riferisco naturalmente ad un’eredità politica. Nonostante le varie candidature, la politica non interessava affatto all’ex premier che infatti, durante I suoi quattro mandati, ha approvato pochissime riforme. Mi riferisco al suo stile di vita e al suo approccio beffardo e distorsore delle norme che divenne noto come “Berlusconismo” e che gli permise di scampare a numerose condanne giudiziarie attraverso l’immunità parlamentare e una serie di leggi ad personam, come la depenalizzazione del falso in bilancio e la riduzione dei termini di prescrizione.

Il berlusconismo coincide di fatto con lo sdoganamento della scorrettezza sessuale, politica, fiscale e giudiziaria. Vannacci e Salvini non farebbero che ripetere quello che per anni è stato lo storytelling politico su cui si è plasmata la cultura dominante del nostro paese. In un’intervista rilasciata ad Euronews la politologa Nadia Urbinati, afferma:
“Le televisioni di Berlusconi hanno avuto ogni giorno un importante ruolo rieducativo sui rapporti umani – rapporti interpersonali, rapporti sessuali, rapporti familiari. Quindi ora abbiamo Vannacci che racconta alla gente quello che hanno già imparato negli anni attraverso la televisione”
Il berlusconismo è stato cruciale nell’occludere la strada alla sobrietà politica dei partiti tradizionali per lasciare il passo all’estrema destra e a questi presunti outsider populisti che fanno del sensazionalismo e del vittimismo persecutorio trumpiano la propria cifra distintiva. Ma perché gli elettori continuano a nutrire la megalomania di questi individui moralmente e culturalmente discutibili? Semplice, perché, in fondo, rappresentano la proiezione di ciò che ogni italiano medio vorrebbe essere.
E cos’ha a che fare la politica con tutto questo? Niente, purtroppo.

